Come sappiamo, in Italia, l’accesso alle professioni sanitarie è regolamentato dal Ministero della Salute e dalle diverse professioni stesse. Le professioni sanitarie includono, oltre ai medici, anche infermieri, fisioterapisti, ostetriche, odontoiatri, farmacisti e molte altre. 

Per accedere a queste professioni, è generalmente necessario completare un percorso di studio specifico e superare un esame di abilitazione professionale. Di solito, è richiesto il conseguimento di una laurea triennale o magistrale in una specifica area di studio, come medicina, infermieristica, fisioterapia, ecc.. Dopo aver ottenuto la laurea, è necessario superare l’esame di abilitazione organizzato dal Ministero della Salute o da istituzioni regionali o professionali specifiche. Questi esami valutano le competenze professionali e cliniche degli aspiranti professionisti sanitari. 

Inoltre, molte professioni sanitarie richiedono una formazione pratica aggiuntiva sotto forma di tirocinio o specializzazione. Per esempio, per diventare un medico specializzato in un determinato settore, è necessario completare una specializzazione specifica della durata di alcuni anni. Dopo aver superato l’esame di abilitazione e completato la formazione pratica, è possibile iscriversi all’Ordine professionale competente e iniziare legalmente la pratica della professione sanitaria in Italia. È importante sottolineare che i requisiti di accesso alle professioni sanitarie possono variare a seconda della professione e dell’area di specializzazione desiderata. È sempre consigliabile consultare le norme specifiche stabilite dalle istituzioni competenti per ottenere informazioni aggiornate e accurate. 

Diversamente da quanto accade per Medicina e Veterinaria, la prova non è comune a tutte le università anche se si svolge contemporaneamente su territorio nazionale. 

Le professioni sanitarie 

Ecco l’elenco dei corsi di Professioni Sanitarie: 

Professioni sanitarie: perché nel 2023 appaiono sempre meno attrattive? 

Purtroppo, è ormai risaputo che le professioni sanitarie in Italia stanno perdendo attrattiva. Tanto che la manovra 2024 ha previsto di portare più soldi in busta paga per Infermieri, OSS e Professionisti Sanitari pubblici. Nella nuova Legge di bilancio, approvata lo scorso 16 ottobre dal Consiglio dei Ministri e in attesa di votazione alle camere, viene confermato il taglio al cuneo fiscale già sperimentato da luglio a dicembre di questo anno. Si abbattono le tasse sullo stipendio, le così dette trattenute, secondo questi scaglioni: 

  • -7% per redditi fino a 25.000 euro; 
  • -6% per redditi fino a 35.000 euro. 

L’aumento sostanziale in busta paga corrisponde quindi a poco meno di 100 euro, cifra variabile secondo l’ammontare del cedolino mensile. 

Sembra, dunque, aprirsi una buona occasione per chi è incline a queste professioni sanitarie anche se secondo un report di skuola.net nelle università statali si sia passati dalle 67.704 aspiranti matricole di dodici mesi fa alle attuali 61.783, pari al -8,7%. Considerando anche le sette università private presenti nell’elenco, la quota sale a 66.574 ma rimane ben distante dalle 72.736 iscrizioni registrate nell’anno accademico 2022-2023. 

Oltre a report e previsioni, è purtroppo la realtà e i recenti fatti di cronaca che ci parlano di questo andamento. I giornali nazionali come Il Sole 24Ore e molti altri raccontano, quotidianamente, la fatica che gli operatori del nostro SSN devono sconfiggere per riuscire a compiere adeguatamente la loro professione. Durante la pandemia apostrofati come “eroi” e oggi già relegati ad attivisti in cerca dei loro diritti. Era dicembre 2022, quando la FNOMCeO parlava di centomila medici pronti a lasciare il SSN nei cinque anni a venire, a fronte del fatto che tra il 2010 e il 2020 in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 113 pronto soccorso e tagliati 37mila posti letto e che nelle strutture ospedaliere mancavano già oltre 29mila professionisti sanitari. 

Nel settembre 2023, un’osservazione simile è stata fatta relativamente alla professione di infermiere. L’associazione infermieristica AssoCareInformazione ha lanciato l’allarme: “il 10% degli infermieri in attività da almeno 20 anni ha già deciso di cambiare lavoro, mentre il 46% ha deciso di abbandonare la sanità. I motivi di questa fuga sono diversi, ma sono tutti legati a un fattore comune: la mancanza di attrattività della professione. Gli stipendi sono troppo bassi, non c’è possibilità di fare carriere e per proseguire gli studi universitari e quindi iscriversi al Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche c’è l’obbligo della preselezione”.  

Non solo chi è già professionista sanitario decide di abbandonare il camice, un altro dato preoccupante riguarda anche chi si approccia a questo tipo di professioni. A settembre del 2023, l’allarme è stato lanciato con riguardo al personale del futuro.  

Doctor33 ha, infatti riportato i dati seguenti: “Nell’anno accademico 2023-24 il Governo ha aumentato a 19.860 i posti al corso di laurea in Scienze Infermieristiche ritoccando verso l’alto anche gli altri corsi, Medicina in primis. Ma per le 22 professioni sanitarie i candidati sono sempre meno. Alla vigilia del test del 14 settembre nelle università pubbliche (qui non c’è il Tolc come a Medicina ma resta il concorsone in presenza) le domande complessive risultano diminuite dell’8,7%, da 69.704 a 61.783; considerando anche gli atenei privati salgono a 66 mila contro 72 mila del 2022. Nel frattempo, i posti a bando sono aumentati del 3,2%, da 32.998 a 34.440. Il dato pone interrogativi sugli stimoli rappresentati oggi da queste professioni in Italia. Ma ci sono altri spunti di riflessione. Ad esempio, le uniche tre regioni con balzi in avanti delle domande sono Calabria (+29,9%), Molise (+10,7%), Umbria (+3,2%). Poi il baratro, con Lombardia a -8,5%, Emilia-Romagna -7%, Toscana -11,2%, Veneto -11,8%, Lazio -12,5%, Campania -8,2%, Sicilia e Sardegna -10,4%. C’è da chiedersi se chi si laurea nella sua regione è poi intenzionato a restarvi per lavorare. La Federazione degli ordini degli infermieri chiede al governo, per evitare squilibri sull’asse Nord-Sud, di “intervenire subito sulle modalità di reclutamento e ingaggio per coprire sia i singoli servizi sia le singole aree geografiche con i più giusti e motivati professionisti, in coerenza con le competenze e le specializzazioni, grazie a concorsi mirati e infungibilità”. Fnopi lancia poi un allarme specifico: a Scienze infermieristiche le domande di iscrizione ai corsi di laurea sono crollate di un 10%. Il calo, che si ripete dopo un anno (nel 22 è stato -9%), raggiunge al Centro il 15%, al Nord il -12,6%, è la metà al Sud. Da 25.539 domande del 2022 si è scesi a 22.870 mentre i posti in ateneo offerti si impennavano a 19.860. Ogni 5 pretendenti a non passare è solo uno. Drammatico il confronto con l’anno accademico 2010-11 quando si iscrissero al test in 46 mila, il doppio. 

Il quadro attuale 

Il quadro di quest’anno, dunque, parla chiaro e l’emergenza deve essere arginata.  

Guardando in specifico alcune Professioni, quelle con più di 800 posti a bando, si rileva: 

  • Infermieri -10,5%, da 25.539 domande dello scorso anno alle attuali 22.870 su 19.860 posti con rapporto D/P di 1,2 che era di 1,3 lo scorso anno, con un calo medio nazionale di -10,5% che è diverso fra le Università delle tre aree geografiche: Nord -14,0% con rapporto D/P 0,9; Centro -14,4% e D/P 0.9; Sud -5,4% e D/P 1,9. 
  • Fisioterapisti -7,2% da 20.013 dello scorso anno a 18.572 su 2.694 posti con rapporto D/P di 6,9 più basso del 7,6 dello scorso anno. 
  • Ostetriche -20,4%, da 6.354 dello scorso anno a 5.059 su 1.098 posti e DP di 4,6 che era di 5,8. 
  • Tecnici Radiologia +2,5%, da 4.358 a 4.468 su 1.554 posti e D/P di 2,9 che era 3,3 lo scorso anno. 
  • Tecnici Laboratorio -10,2%, da 2.087 a 1.875 su 1.351 posti e D/P di 1,4 sul 1,7 dello scorso anno. 
  • Logopedisti +14,0%, da 3.724 a 4.245 su 885 posti e D/P di 4,8 che era 4,1 lo scorso anno. 
  • Tecnici Prevenzione -9,3%, da 702 a 637 su 917 posti e D/P di 0,7 su 0,8 dello scorso anno. 
  • Igienisti Dentali -3,8%, da 2.609 a 2.510 su 903 posti e D/P di 2,8 minore di 3,2 dello scorso anno. 
  • Educatori professionali – 8,7%, da 698 a 637 su 809 posti e D/P di 0,8 su 0,9 dello scorso anno. 

È un momento difficile per chi aveva sempre sognato di intraprendere una professione anitaria e i numeri, di certo, non incoraggiano. Ma se questo è il trend, qualcosa dovrà di certo cambiare celermente per salvare quello che è, al mondo, l’unico modello di sanità pubblica che garantisce la cura ai pazienti e tutto parte dal riconoscimento dei diritti degli operatori.  

Mentre raccogliamo irregolarità ravvisate, potrebbe tornare utile riflettere su una possibile soluzione da proporre a istituzioni e addetti ai lavori. Le proposte migliori, a volte, possono nascere dal basso, da chi in prima persona ha bisogno di costruire un futuro che abbia migliori e più allettanti prospettive.