Ogni anno quasi 60 mila ragazze e ragazzi italiani tentano il test di Medicina. Nonostante gli ingressi siano meno di un quarto a causa dell’accesso programmato, il numero di aspiranti si mantiene costante negli anni. Perché? Studiare Medicina, direbbero in molti, è una questione di vocazione 

La vocazione a studiare Medicina

Si comincia a intravedere da bambini, quando si chiedono per la prima volta gli strumenti del mestiere come giocattoli ai genitori. Quando a scuola si comincia a rispondere “il dottore” alla fatidica domanda “cosa vorresti fare da grande”. Poi, durante il liceo, si concretizza e si fa realtà. Quando i professori cominciano a consigliarti di integrare lo studio con altre letture, quando qualche amico che sta seguendo già lo stesso percorso comincia a prepararti a quello che succederà. Quando, infine, ci si comincia a documentare sul numero chiuso e sulle difficoltà del test di Medicina.  

Scegliere questo percorso sembra semplice all’inizio, tutti conoscono i vantaggi. Prestigio, sicurezza economica e autorevolezza tra i primi. Quando però ci si scontra con i problemi – la lunghezza del percorso, la grande mole di studio e il tempo libero molto risicato – la volontà può vacillare se non è corroborata da una passione concreta per questo lavoro.  

Cosa dicono i candidati

Ma come nasce una vocazione? Gli elementi sono tanti e affondano le radici nella storia personale e formativa di ogni futuro medico. Nella vita le figure mediche non mancano mai e l’ispirazione a volerne replicare il ruolo può arrivare in tante forme.  

Trovare una cura

Sono tantissimi i ragazzi che, di fronte alle università e pronti per il loro test, raccontano di un sogno che nasce da un esempio che ha mosso le corde giuste. Una patologia, per esempio, di cui si soffre o di cui una persona cara sta soffrendo: da lì nasce la volontà di cambiare le cose, trovare una cura o aiutare la ricerca in un miglioramento costante. Non è raro sentire la frase “prima di fare il medico, sono stato paziente”. La forza che deriva dall’aver avuto bisogno di una figura che poi si è diventati non si esaurisce mai.  

Ispirarsi ad un medico che si stima

Per la scelta di studiare medicina, per vocazione, tanti altri rispondono di aver conosciuto un medico che li ha ispirati. Un professionista, donna o uomo, che ha dato prova di amare così tanto il proprio lavoro da creare un desiderio di imitazione. È una persona di famiglia o un esperto brillante consultato per risolvere una problematica propria. Un esempio che è rimasto fisso nella mente fino a convincere la persona a volerlo seguire.  

Fare qualcosa per gli altri 

Molti altri ancora vedono nella professione medica un impegno per dare aiuto. “Vorrei fare qualcosa per gli altri”, è il refrain di ragazze e ragazzi. Impegnarsi per il benessere altrui significa anche sacrificare qualcosa di sé. Essere pronti a dimenticare le proprie esigenze per dare ascolto a quelle degli altri. Contemporaneamente, significa dare un’impronta significativa sul benessere altrui e poter cambiare, in meglio, situazioni che sembravano senza speranza.  

Il numero chiuso e la vocazione

La vocazione, per chi sceglie Medicina, è proprio questo: incarnare il proprio lavoro e crescere mentre lo si esercita. Negli occhi di chi tenta il test c’è questo desiderio: mostrarsi utile alla società. Proprio per questo, forse, il numero programmato è così doloroso. Scegliere di imbarcarsi in un percorso così complesso e spesso sacrificato implica una forte volontà, che viene smorzata da un ostacolo oggettivo come il test.  

Fortunatamente, sono tantissimi i candidati che continuano a provare proprio in virtù di questa forte vocazione. Provano due o tre volte, anche di più. Proprio perché il desiderio di diventare medici va ben oltre i vantaggi economici, ma fa parte delle loro personalità. Se siete anche voi tra coloro che sentono di avere questo destino, non arrendetevi! Un test non potrà decidere se siete in grado di esercitare questa professione: continuate a sfidarlo inseguendo un sogno che vale la pena! 

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