Abolire il numero chiuso a Medicina è davvero possibile? Sono anni che studenti, professori e anche alcuni politici chiedono un cambiamento per il test ad accesso regolato, ma la prima vera novità l’abbiamo avuta solo quest’anno. La ministra Maria Cristina Messa ha infatti promesso nuove modalità per il test, che rimane però a numero chiuso. Ora si torna a parlarne dopo alcune dichiarazioni del sottosegretario alla Salute Andrea Costa, intervenuto all’università di Pisa.

Cosa ha detto Costa sul numero chiuso

Non è un mistero che Costa non sia mai stato un ammiratore del numero chiuso, aveva già espresso qualche perplessità sulla correttezza di questo metodo. Adesso è tornato a parlarne. «Non credo che il test d’ingresso a Medicina sia un indice di meritocrazia – ha detto –. Pertanto, credo che, condividendo questa riflessione con il Ministero dell’Università, si possa trovare un punto di equilibrio magari fissando la verifica di obiettivi di rendimento di ciascuno studente dopo uno, due anni: questo credo che sia un buon compromesso per assicurare criteri davvero meritocratici di accesso più di un semplice test di ingresso».

Il sottosegretario è dunque tra coloro che preferiscono l’idea di un esame di sbarramento, o di una quota di sbarramento, che regoli i frequentanti del corso di Medicina. La proposta è stata più volte concretizzata in varie modalità: un esame obbligatorio dopo il primo anno, l’obbligo ad aver effettuato almeno 2/3 degli esami, una media non inferiore a tot. Tuttavia, una soluzione effettiva non si è mai concretizzata. Forse potrebbe realizzarsi se i due ministeri, Salute e Università, collaborassero per ipotizzarla.

Zaia: «Tra chi è escluso dal test ci sono promesse della Medicina»

A Costa ha fatto eco anche il governatore del Veneto Luca Zaia. «Noi siamo per una visione meritocratica per cui le qualità non si accertano con un test d’ingresso a numero chiuso», ha detto. «Il futuro professionista – ha continuato – al quale affidiamo la nostra salute va valutato sul campo. Ribadisco: possibilità di accesso all’iscrizione per tutti e grande selezione nel percorso formativo. C’è il rischio che una selezione così prematura vada ad escludere i futuri professionisti che non passano il test con le crocette, che potrebbe essere “artisti” in sala operatoria o clinici di talento».

Una riflessione, questa, condivisa da molti. Non passare il test di ingresso non significa che non si potrà diventare un bravo medico, ma in questo modo non potremmo mai scoprire quali promesse della medicina hanno dovuto abbandonare l’idea. Certamente Zaia e Costa intendevano lanciare un messaggio alla ministra Messa.

Cosa ha fatto la ministra Messa per ora

La sensazione è che si tratti dell’ennesimo intervento delle istituzioni su questo tema e che, in relazione ai ricorsi, i Tribunali non potranno continuare ad ignorare che i test su cui si devono pronunciare sono stati definiti più volte “inadeguati” dalle stesse istituzioni che li hanno decisi.

Per ora la ministra dell’Università ha assicurato che dal 2023 la modalità del test a numero chiuso cambierà, anche se resterà l’accesso programmato. Il test diventerà TOLC, sarà quindi possibile effettuarlo due volte l’anno e a partire dal quarto anno di liceo. Ogni anno sarà lo studente a poter selezionare il suo punteggio migliore da segnalare per la graduatoria nazionale. Dal 2022, invece, il test vede ridimensionate le domande di cultura generale in favore di quelle sulle materie competenti e di logica. Non è esattamente il cambiamento auspicato da Costa, ma è certamente un inizio. Sperando che le parole del sottosegretario facciano presa e che si passi finalmente ai fatti.

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