Quanto è legale impedire allo studente di sostenere l’esame all’appello successivo? Ce lo siamo chiesti anche noi e abbiamo cercato di dare una risposta.

Gli studenti universitari hanno ormai stretto un’alleanza di sangue con l’ansia e con tutto ciò che li rende vulnerabili. La sensazione è amplificata se gli studenti sono matricole. Sta al singolo studente, di triennale o magistrale, decidere quali e quanti esami preparare in vista della sessione, in base alle proprie priorità. Ma riguardo al salto d’appello, cosa sappiamo? 

Cosa dice la legge sulla legittimità del salto d’appello? 

Spesso ci contattano per chiederci: “il salto d’appello è legale?” Vediamo di riflettere e rispondere insieme. Prima di ogni cosa, rivediamo alcune leggi. Il fondamento del salto d’appello si può rintracciare nell’art. 43 del Decreto Regio del 4 giugno 1938 n.1269. L’ultimo comma dell’articolo recita testualmente: “Lo studente riprovato – quindi bocciato – non può ripetere l’esame nella medesima sessione”. 

Questa disposizione però è stata poi superata con l’introduzione di due leggi: la n. 168 del 9 maggio 1989 e la n. 274 del 23 novembre 1990. Con queste, il Governo ha stabilito l’autonomia dei sistemi universitari. Questo vuol dire che il salto d’appello viene regolato dall’organizzazione interna delle Università. 

Cos’è il salto d’appello? 

Lo studio spesso non è tutto il lavoro. La gestione delle emozioni durante una prova, le sensazioni della giornata e altre concause possono contribuire a indurci in una bocciatura. Questi, sono eventi che capitano anche ai migliori studenti e che si devono mettere in conto sin dall’inizio, soprattutto se – ad esempio – essendo matricola o studiando una materia completamente diverse dalle altre, non si sia riusciti ad acquisire un proprio metodo di studio vincente.  

A complicare la situazione è certamente l’adozione da parte del docente del salto d’appello. 

Il salto d’appello è una pratica adottata da diversi atenei e docenti e consiste nel vietare allo studente di sostenere un esame all’appello successivo. Questa pratica può essere adottata in diversi casi: solitamente si applica a tutti gli studenti che sono stati bocciati, ma in alcuni atenei questa penalità si applica anche agli studenti che si sono prenotati ma non si sono presentati all’esame.

Perché è ritenuto svantaggiante per gli studenti?

Consistenti e a dir poco fastidiosi sono gli svantaggi che possono derivare da un salto d’appello.  

È vero che compresa la lezione, si diventerà più meticolosi nel metodo utilizzato, ma è anche vero che dal punto di vista dello studente, lo induce a dover superare ulteriori difficoltà.  A causa di questa pratica diminuiscono le opportunità per lo studente di poter sostenere gli esami in tutti gli appelli garantiti dall’Università, rischiando quindi di dilatare il tempo che occorre per sostenere tutti gli esami e preparare la tesi, allungando in maniera inesorabile il proprio percorso di studi e classificandosi tra gli studenti fuoricorso. Tuttavia, bisogna tenerlo a mente: è possibile che pur studiando in maniera certosina, qualcosa non funzioni e si incorra nel fatidico salto d’appello. 

Salto d’appello: è legale o illegale?

Possiamo affermare con consapevolezza che, purtroppo per gli studenti, il salto d’appello non è illegale. Tuttavia è il singolo Ateneo a decidere di esso in autonomia e con il proprio regolamento, se prevedere o meno l’adozione di questa pratica. È quindi opportuno consultare il regolamento del proprio ateneo per scoprire se tale pratica è ancora in uso. 

Gli studenti, nel corso degli anni, si sono mobilitati spesso per costituirsi in comitati e fare in modo di eliminare questa enorme differenza. In alcuni casi, l’Università ha accolto la richiesta e in altri no. È una regola, ma come tutte non è detto che non possa essere cambiata soprattutto se sono gli studenti a chiederlo entro i margini delle loro possibilità.  

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