Come sappiamo, dal prossimo anno accademico, l’accesso a Medicina, Odontoiatria e Veterinaria cambia volto. Con la riforma firmata dalla ministra Anna Maria Bernini, salta il tradizionale test d’ingresso e arriva il cosiddetto semestre aperto: chiunque voglia tentare la strada per diventare medico potrà iscriversi liberamente, frequentare i corsi da settembre a novembre e sostenere gli esami finali. La speranza è colmare il cronico fabbisogno di camici bianchi, semplificando l’ingresso all’università. Ma la promessa di accesso libero si scontra con dubbi pratici e organizzativi.

Metà delle università non ha ancora un piano chiaro

Secondo i dati raccolti da Il Sole 24 Ore, su più di 40 atenei italiani coinvolti, circa la metà non ha ancora stabilito come gestire la didattica del primo semestre aperto. Alcuni, come Padova, Palermo e l’Università della Campania, puntano tutto sulle lezioni online per evitare il caos delle aule piene. Altri, come La Sapienza di Roma, proveranno un modello misto tra presenza e remoto. Pavia, Milano e la Politecnica delle Marche vogliono mantenere la didattica in aula, ma hanno già previsto piani di emergenza con streaming e turni per gestire un numero di iscritti che potrebbe triplicare.

Le regole: esami sincroni e corsi ‘cuscinetto’

Il semestre aperto dura tre mesi, da settembre a fine novembre. Gli studenti seguiranno tre insegnamenti chiave — Chimica, Fisica e Biologia — per un totale di 18 crediti. Gli esami si svolgeranno in date identiche in tutta Italia, con test da 31 domande in 45 minuti. Chi supera le prove accede alla laurea in Medicina; chi non ce la fa potrà ripetere il semestre (fino a tre volte) oppure iscriversi a un corso affine come Biotecnologie, Scienze biologiche o Professioni sanitarie. In questi casi, i crediti del semestre verranno riconosciuti, garantendo agli studenti di non perdere tempo.

I dubbi: davvero più meritocrazia?

Il nuovo modello elimina i quiz a crocette su domande di cultura generale, ma non tutti applaudono. Secondo alcuni, è un passo avanti. Per altri, l’incertezza logistica e l’assenza di anonimato nelle prove potrebbero aprire la porta a favoritismi e meccanismi clientelari. Inoltre, la preoccupazione è che molti usino Medicina come “corsia preferenziale” per entrare in corsi affini a numero chiuso, aggirando altre selezioni.

Il nodo: non basta formare più studenti

La vera sfida, ricordano molti esperti, resta il dopo laurea. Specializzazioni come Anestesia, Rianimazione o Medicina d’urgenza restano sguarnite perché poco attrattive o sottopagate. Se non si investe in borse di specializzazione, contratti stabili e carriere migliori, il semestre aperto rischia di gonfiare solo le statistiche delle matricole, senza risolvere la carenza reale di medici negli ospedali.

Una rivoluzione ancora da rodare

Tra entusiasmo e perplessità, il semestre aperto parte in salita. La metà degli atenei non ha ancora un piano definitivo per aule, turni e modalità di insegnamento. Mentre migliaia di studenti si preparano a iniziare un percorso inedito, resta da capire se questa svolta sarà davvero un trampolino per la sanità o un salto nel vuoto organizzativo.