L’avvento dell’intelligenza artificiale (IA) sta modificando profondamente il mercato del lavoro. Automazione, machine learning e algoritmi generativi stanno ridisegnando i confini delle competenze umane, ponendo nuove sfide – ma anche nuove opportunità – per lavoratori, aziende e sistemi educativi. La domanda cruciale è: quali mestieri scompariranno e quali nasceranno grazie (o a causa) dell’IA? 

I mestieri a rischio: tra automazione e obsolescenza 

Secondo studi condotti da McKinsey, World Economic Forum e OCSE, le professioni maggiormente esposte al rischio di automazione sono quelle caratterizzate da attività ripetitive, prevedibili e strutturate. Tra queste: 

  • Addetti al data entry e archiviazione: i software di riconoscimento testuale e i sistemi di gestione documentale riducono la necessità di personale umano per compiti meccanici. 
  • Cassieri e operatori di sportello: l’espansione dei pagamenti digitali, dei self-checkout e dell’e-banking mette a rischio molte posizioni nel retail e nella finanza tradizionale. 
  • Operai in catena di montaggio: la robotica industriale sostituisce sempre più operazioni manuali nei settori manifatturieri. 
  • Call center e customer service base: chatbot evoluti, dotati di NLP (Natural Language Processing), riescono a gestire buona parte delle richieste standard dei clienti. 
  • Professioni contabili e legali junior: l’IA è già in grado di analizzare bilanci, individuare anomalie o redigere contratti standard, riducendo il carico operativo per junior accountant e paralegals. 

I mestieri che nasceranno (o cresceranno) 

Parallelamente alla scomparsa di alcune professioni, l’IA genera nuovi ruoli e ne trasforma altri, spingendo verso un’economia basata su competenze ibride (tecnico-umanistiche, digitali-creative, scientifiche-relazionali). Ecco alcune delle professioni emergenti: 

  • Prompt engineer: specialisti capaci di “dialogare” efficacemente con IA generative per ottenere output coerenti, ottimizzati e di valore. 
  • Ethical AI specialist: figure preposte alla valutazione etica, legale e sociale degli algoritmi, per evitare bias e discriminazioni. 
  • Trainer di intelligenze artificiali: professionisti che “istruiscono” i modelli IA attraverso set di dati curati e feedback continui. 
  • Data strategist e data storyteller: ruoli che coniugano l’analisi quantitativa con la capacità di narrazione strategica, utile a dirigenti e stakeholder. 
  • Tecnici della robotica e manutentori di sistemi IA: lavoratori specializzati nella gestione, aggiornamento e riparazione dei dispositivi intelligenti. 
  • Psicologi e consulenti del lavoro per la transizione digitale: esperti in grado di supportare il benessere e il reinserimento professionale delle persone impattate dall’automazione. 

Soft skill e reskilling: la chiave per restare nel mercato 

In questo scenario in continua evoluzione, la formazione continua è la risposta più efficace. Le competenze tecniche sono fondamentali, ma lo sono anche: 

  • Pensiero critico e problem solving 
  • Creatività e flessibilità mentale 
  • Intelligenza emotiva e comunicazione 
  • Collaborazione interfunzionale 
  • Capacità di apprendimento rapido 

Il concetto di “lavoro per la vita” è ormai superato: i lavoratori del futuro dovranno aggiornarsi costantemente e saper navigare le transizioni con agilità. 

Una rivoluzione da governare 

L’intelligenza artificiale non è (solo) una minaccia, ma una leva trasformativa. I sistemi educativi, le imprese e le istituzioni devono lavorare insieme per accompagnare questa transizione, tutelando i lavoratori più esposti e valorizzando le nuove opportunità.
Chi saprà allearsi con l’IA – piuttosto che temerla – avrà un vantaggio competitivo decisivo nel mondo del lavoro di domani.