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Per anni il test d’ingresso a Medicina è stato criticato per la presenza di domande scollegate dalla pratica medica, scatenando polemiche tra studenti e famiglie. Tuttavia, già da tempo il sistema stava migliorando: i posti erano raddoppiati rispetto al 2017, le domande si erano focalizzate sulle materie scientifiche, e dal 2023 erano previste due sessioni annuali con la possibilità per gli studenti del penultimo anno di partecipare. Nonostante ciò, il Governo ha annunciato una svolta con il DM 418/2025, dichiarando l’iscrizione «libera». In realtà, il numero chiuso è solo mascherato: la selezione è semplicemente spostata tre mesi dopo l’iscrizione.
Riforma Medicina: il nuovo meccanismo di selezione
Il nuovo sistema riguarda le 41 università pubbliche che offrono Medicina in italiano. Gli studenti si iscrivono online entro luglio, pagando 250 euro (contro i precedenti 55, escluso chi ha un ISEE basso) e frequentano da settembre a metà novembre corsi obbligatori di Chimica, Fisica e Biologia, prevalentemente online perché le università non hanno posto per tutti.
Poi, il 20 novembre e il 10 dicembre, affronteranno 3 test separati (uno per materia), ognuno da 45 minuti, con domande a risposta multipla e completamento. Il punteggio minimo per superare è 18/31 in ciascuna materia. Tuttavia, il passaggio non garantisce l’ingresso alla facoltà: serve un punteggio alto per entrare nella graduatoria nazionale.
Un sistema ancora selettivo e iniquo
Anche se i test sono posticipati, il meccanismo rimane selettivo come prima. Cambia la forma, ma non la sostanza. Chi supera i test non è automaticamente ammesso: i posti disponibili saranno circa 22.000, solo il 10% in più rispetto all’anno scorso. Gli altri 30-40 mila candidati rischiano di restare fuori e dovranno riprovare gli anni successivi o ripiegare su altri corsi, come Biologia, Farmacia o Infermieristica.
Il paradosso di Infermieristica
Proprio quest’ultimo corso è al centro di un paradosso. In molte sedi del Centro-Nord ci sono meno domande che posti disponibili, ma nel Sud avviene l’opposto. Qui, candidati a Medicina rimasti fuori dalla graduatoria ma che hanno superato i test possono occupare fino al 20% dei posti di Infermieristica. Questo penalizza gli studenti che avevano scelto Infermieristica come prima opzione e superato il relativo test, scatenando la possibilità di ricorsi legali. Inoltre, molti “ripiegati” su Infermieristica potrebbero abbandonare dopo un anno per tentare di nuovo Medicina.
L’alternativa per chi può permetterselo
Chi può pagare fino a 20.000 euro all’anno può iscriversi direttamente in una delle 9 università private (erano 4 nel 2017), che conservano il vecchio sistema con test d’ingresso in primavera. Lo stesso vale per i corsi di Medicina in inglese, presenti in 14 università pubbliche e 4 private, che hanno calendari e meccanismi d’ammissione separati.
Il problema vero non è l’accesso, ma la specializzazione
La riforma non risolve il problema della carenza di medici. I posti per Medicina sono già più che raddoppiati, ma il collo di bottiglia resta nelle scuole di specializzazione, dove il 30% dei posti resta scoperto e il 10% viene abbandonato. In alcune aree critiche come Medicina d’Urgenza e Radioterapia, il 75% dei posti resta vuoto. È lì, nei Pronto soccorso, che mancano i medici — e continueranno a mancare. Il numero chiuso, dunque, è stato solo rinviato e camuffato. La selezione è ancora presente, la pressione sugli studenti resta alta e i veri nodi — come le specializzazioni — restano irrisolti.