Non si placano le polemiche per i recenti test d’ingresso alle facoltà di Medicina e Odontoiatria. Proteste, sit-in e flash mob hanno segnato gli esordi di queste contestatissime prove; non sono mancate, inoltre, segnalazioni di possibili irregolarità, giunte da subito e in numero crescente ai legali del gruppo Consulcesi, realtà da sempre in prima linea per la tutela dei camici bianchi, anche se aspiranti tali.

La politica, dal canto suo, ha già espresso consistenti dubbi sulla reale adeguatezza del sistema del numero chiuso nelle università italiane, e adesso anche diversi sindacati e associazioni di categoria sembrano mettere in discussione la “selezione all’ingresso” così come viene portata avanti nelle facoltà mediche. Tra i primi ad evidenziare che qualcosa sta cambiando, alimentando le speranze di tanti ragazzi, Martina Carpani, coordinatrice della Rete della Conoscenza, che ha tenuto a sottolineare: «Anche l’Ordine dei Medici comincia a mettere in discussione questa programmazione». Costantino Troise, segretario del sindacato dei medici dirigenti (Anaao Assomed), in riferimento ai numeri relativi ai test di Medicina (63.000 candidati per appena 9.224 posti), ha posto l’accento sul problema della successiva formazione specialistica. Secondo Troise, in mancanza di una seria programmazione basata sulle reali necessità del Servizio Sanitario Nazionale, il rischio è che il numero chiuso – così com’è – produca solo schiere di futuri medici «inoccupati o disoccupati».

Molto più duro il giudizio del Codacons, da sempre alfiere in difesa dei consumatori, che non ha esitato a definire i test «inutili e dannosi» e ha invitato a spostare lo sguardo Oltralpe. «Occorre adottare un modello analogo a quello francese», ha infatti spiegato il presidente Carlo Rienzi, facendo riferimento al sistema transalpino per l’accesso alle facoltà di Medicina, Odontoiatria e Farmacia, dove il primo anno è comune per tutte le matricole senza alcuna prova di ingresso, e solo successivamente è necessario sostenere un test di ammissione sulle materia studiate durante l’anno. Un’ipotesi suggestiva, accarezzata in Italia negli anni passati ma che non è mai diventata realtà nonostante alcune prese di posizione da parte del Ministero dell’Istruzione guidato da Stefania Giannini. Anche nel 2016, infatti, migliaia di aspiranti matricole sono state costrette a passare sotto le forche caudine dei quiz, nonostante con il passare del tempo si stia sempre più diffondendo la convinzione che non possano essere una serie di crocette su un foglio di carta a segnare il destino di un giovane aspirante medico.